Dicono di noi
Cartamodelli è l'ep ideale per un autunno tutto da vivere (o da ascoltare).
Cartamodelli, l'ep di Malasarta, ha rappresentato per me la quintessenza del concetto di "diviso a metà". Già perché da un lato, appunto, ho semplicemente adorato le doti interpretative, gli arrangiamenti e il mood generale di Malasarta, in particolare modo nella canzone Febbraio, che reputo, senza alcun dubbio la migliore delle quattro. Tuttavia si parlava di sentimento/approccio diviso a metà giusto? Ecco, allora tocchiamo adesso la parte destruens: i testi o non li ho capiti io o mi sono parsi di una banalità, sinceramente, non meritevole della voce e delle già citate doti interpretative di Malasarta, sostenuto da buoni tappeti elettronici.
Un vero e proprio peccato perché il materiale artistico, l'humus anche culturale c'è ed è ben presente nella parabola di Malasarta come confermano le sue stesse parole: "Porta con sé un nome scomodo, i retro pensieri ci conducono nell’immediato a qualcosa di atavico , oscuro , malvagio. In realtàè tutt’altro! Malasarta è la dea Madre , è la natura stessa , che ci donato un vestito imperfetto".
Quindi l'artista c'è, è vivo e lotta in mezzo a noi ma poi arriva un pezzo (e soprattutto un testo) come Il lungo viaggio ed è naturale che sul mio viso si stampi un'espressione a metà strada tra l'interrogativo e il deluso.
Mi auguro davvero che Malasarta, nel suo prossimo album (magari sulla lunga distanza) possa trovare un equilibrio, in chiave migliorativa, tra testi e musica: perché, come ribadito prima, gli ingredienti ci sono. Adesso, per confezionare un piatto da leccarsi i baffi (e le orecchie), bisogna non sbagliare le dosi. Ripeto: gli ingredienti ci sono tutti.
A pochissime settimane di distanza da Cartamodelli, il precedente lavoro dei Malasarta, il progetto della band bolognese prosegue con Imbastiture: un’operazione musicale che assume gli aspetti di un’opera sartoriale, dove ogni EP costituisce un elemento ulteriore della progettazione dell’abito che vedremo cucito appositamente per la loro musica con la pubblicazione del terzo volume.
Il primo brano che troviamo è Catone, un synth pop spudorato, dal sound anni ottanta che ricorda i primi dischi degli Ultravox. Divento Magnifico, la canzone più interessante dell’EP, meno esplosiva ed intima rispetto alla precedente, con un cantato sussurrato e controllato, incuriosisce soprattutto per alcuni elementi orientali all’interno della melodia.
In SB all’improvviso si passa ad un pezzo di protesta verso la società più aggressivo e diretto, con una sezione ritmica che prende il sopravvento accompagnata da sintetizzatori, ma il cantato rimanda in modo eccessivo allo stile di Piero Pelù, nel contesto stona. A chiudere troviamo Nubi Nere, dove la sperimentazione di diverse strade ha portato la band ad avventurarsi anche in un brano raggae.
Il problema di questo lavoro non è nella bravura della band o nella loro creatività, anche perchéè evidente la voglia di non fossilizzarsi restando incastrati all’interno dello stesso genere, ma i pezzi dell’EP appartengono a dei mondi così differenti e distanti tra di loro che è difficile riuscire a trovare un filo conduttore o riuscire a comprendere meglio l’attitudine della band indagandone lo stile più a fondo. Trattandosi della seconda parte del progetto, l’abito che i Malasarta stanno creando ancora non è concluso, ma in questo caso le imbastiture, come cuciture provvisore, non sono riuscite a tenere bene insieme tutte le parti.